Milan-Cavese, 7 novembre 1982. Se n’è parlato tanto, tantissimo, ma per chi è giovane come me, farsi un’idea sulla portata di questa impresa risulta ancora abbastanza difficile. Con Tuttocavese, abbiamo avuto l’onore di intervistare Roberto Pidone, che in quella Cavese era un punto fermo, e che proprio sulla sua pelle, da protagonista, ha vissuto quell’emozionante 1-2 in casa dei rossoneri. Grazie alle sue parole, proveremo a rendervi partecipi e consapevoli di un successo sportivo che trascende il tempo, con la speranza di poter vivere un giorno le stesse sensazioni.
La mia prima domanda si incentra su un paragone forte, forse calzante per la tempistica: 1982, anno del mondiale italiano e del successo cavese a Milano.
Questa vittoria, per Cava, rappresenta un po’ quella che è stata la Coppa del Mondo per l’Italia?
Con le dovute proporzioni, sicuramente. È stata una vittoria indimenticabile ed è sempre bello ricordare questi momenti, non potrei mai stancarmi di parlarne.
Mondiale del’1982 ricorrente nella carriera di Roberto, che mi racconta subito un aneddoto di cui non ero a conoscenza:
Durante il 1983, affrontammo l’Udinese in Coppa Italia: erano le prime partite di un certo Zico con i bianconeri, e io ebbi la fortuna di marcarlo. L’anno precedente il suo Brasile era stato eliminato dal mondiale proprio nel match con l’Italia. Dopo una mia entrataccia, sono corso a chiedergli scusa e mi ha risposto, testualmente “Mi ricordo di Gentile, stai tranquillo!”. Zico era un campione, già giocare contro di lui è stata un’emozione fortissima. Poi in mezzo al campo con l’adrenalina e la concentrazione ovviamente cercai di fare del mio meglio per marcarlo. L’anno successivo l’Udinese affrontò di nuovo la Cavese, sempre in Coppa Italia, ma stavolta a Cava: non giocai quella partita perché avevo appena firmato con il Catania, ma al termine dell’incontro mi fermai con Zico, parlando tra l’altro anche della nostra precedente partita. Anche con il Catania ho avuto il piacere di riaffrontarlo, perdemmo 1-0 proprio grazie a una delle sue magiche punizioni.
Tralasciando lo stupore per aver scoperto che Zico ha calcato l’erbetta del Lamberti, approfitto di questo assist per fare un paragone tra il calcio dell’epoca e quello attuale:
Dopo 11 giornate di campionato, in serie A, è stata messa a referto un’unica rete su punizione (quella di Raspadori contro il Milan), record negativo per la categoria. Perché il livello è sceso così tanto rispetto all’epoca?
Semplicemente non esistono più i tiratori di una volta. Il fatto è che non avendo specialisti, non sempre allenandosi costantemente si raggiungono i risultati sperati. Ogni squadra invece ne aveva uno ai tempi: a Catania ho giocato con Pedrinho, che calciava le punizioni “a foglia morta”. Ricordo ancora un suo fantastico gol contro il Pisa, una parabola finita nell’angolino basso alla sinistra del portiere dopo aver scavalcato la barriera.
Torniamo invece a quel famoso Milan-Cavese: descrivimi le emozioni provate sia prima che dopo la partita
Beh, il nostro Milan-Cavese iniziò di sabato, quando partimmo per arrivare poi in hotel. In camera pensi, pensi, pensi tantissimo, la tensione si avvertiva. Poi ovviamente una volta entrati in campo passa tutto e ci si concentra solo sull’incontro.
Si ricorda ancora l’undici rossonero?
Certamente: Piotti, Icardi, Tassotti, Evani, Pasinato, Baresi, Verza, Jordan, Serena, Cuoghi, Battistini, c’erano anche Romano (che vinse lo scudetto a Napoli l’anno dopo) e Damiani. Io marcavo Serena (un nome qualsiasi, insomma).
Con un volo pindarico passiamo invece ai tempi odierni. Sta seguendo la Cavese in questo campionato?
Sono stato allo stadio nel derby con la Nocerina. Hanno ribaltato il risultato in una sfida difficile, complimenti davvero. L’augurio è che quest’anno possa essere davvero quello buono, il pubblico di Cava merita davvero molto di più, soprattutto i più giovani hanno bisogno di vedere palcoscenici diversi.
Come valuta la squadra quest’anno?
Parto dal presupposto che rispetto alla scorsa stagione, questo girone lo reputo molto più tecnico. C’è meno agonismo e più tecnica, ma le possibilità ci sono eccome per disputare un’annata ai vertici. Nonostante le due sconfitte si è ancora primi, è indicativa come cosa. Il livello è più alto rispetto all’anno scorso, per quanto riguarda gli undici in campo: al Lamberti sono venute squadre, come il Trastevere, che hanno giocato a viso aperto e senza paura, vincere in quei casi è ancora più difficile.
Vede un attaccamento alla squadra inferiore rispetto agli anni passati?
Assolutamente no, sono cambiate le generazioni ma la passione sembra essere intatta. Certo, magari saranno cambiate alcune abitudini, ma allo stadio c’è sempre tanta gente. Quale altra squadra in serie D vanta questi numeri? Solamente la Nocerina, credo. Tra l’altro ho sentito le voci sullo stadio, mi auguro che il Lamberti possa rimanere la casa della Cavese anche in futuro, per me è in grado di ospitare un numero di persone idoneo anche per un’ipotetica serie B. Ricordo che all’epoca, quando eravamo in lotta per salire in serie A, il presidente ci aveva rivelato di avere già un progetto pronto per aumentarne la capienza, poi “purtroppo” furono promosse Milan e Lazio…
In Serie B qual è stato il record di spettatori?
Il record si è avuto con il Milan, oltre 17.000 spettatori (subito nella mia mente è comparso un frame del Lamberti grondante di persone fino all’orlo). Il top si raggiunse però nel match di Coppa Italia, giocato a Benevento, contro la Juventus di Bettega: 25.000 persone partirono da Cava, una carovana pazzesca. Anche all’Olimpico, contro la Lazio, ci furono oltre 10.000 persone.
Parlando invece della sua carriera, tra le squadre in cui ha militato, Roberto ricorda il Foggia per un motivo in particolare:
Il Presidente all’epoca organizzò un quadrangolare, tra cui figuravano Real Madrid e Porto. Ti parlo del Real di Butragueno e Hugo Sanchez e del Porto campione d’Europa… sai cosa però mi rimase impresso? L’umiltà di tutti quei campioni incontrati. Alla fine, erano persone come noi, spesso sono i media a ingigantire determinati aspetti.
Per lei che le ha disputate entrambe, qual è per lei la differenza più grande fra la serie A e la B, a livello tecnico?
La differenza io l’ho avvertita soprattutto nella fase difensiva: appena si supera la metà campo, si viene costantemente aggrediti. Per far arrivare la palla alla punta bisogna letteralmente calciargli addosso, altrimenti i difensori avversari intercettano la sfera immediatamente. Ovviamente l’attaccante deve essere bravo nel controllarla (ride ndr)
Autore: Manuel Senatore / Twitter: @ManuelSenatore0
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